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La Pieve di Montefiesole

Il manoscritto dei Pievani antichi

E' impossibile parlare della Pieve e, come visto, addirittura di Montefiesole, senza attingere dal manoscritto dei Pievani. E da quello spesso attingiamo riportandone in corsivo le frasi che seguono.

Si tratta di scritti degli antichi rettori della Pieve, parte in fogli sciolti e parte riuniti dal Pievano Fabbrini nel 1851 Ad Majorem Dei Gloria.

Le più antiche annotazioni (definiti "ricordi") risalgono al 1630.

La parte più consistente, per mano del già menzionato Pievano Fini, parte dal 1776.
Questo Pievano ci informa che "doppo la gran Festa della Madonna principiò a trascrivere, ordinare e fare note queste notizie a vantaggio di questa Antichissima Pieve, a monumento de secoli futuri e per regola de Successori Piovani quali (Dio li guardi, Maria Santissima e S.Lorenzo Martire) non abbino ardire di portar via, mandar male o alterare tutte queste notizie comprese in questo volume manoscritto e con tanta fatica, come altresì con altrettanta fedeltà rimesso insieme. Si dia principio".

La prosa del Fini è vivida ed efficace; si vuole lasciare memoria delle vicende e soprattutto degli enormi sforzi "compiuti con l'aiuto di benefattori e la Provvidenza Divina che ha reso forte un debole e inutile strumento" per ridare decoro e dignità alla Chiesa dopo un lungo periodo di trascuratezza.

Chi legge ha anche la sorpresa di sentirsi chiamare direttamente in causa.
Ad un tratto infatti il Cortese Lettore è invitato a comprendere che il lungo elenco di accadimenti, opere e spese può "non dilettare", ma non si tratta né di orazione né di un pezzo di eloquenza, bensì di descrizione dei fatti, riportati non per vanagloria o superbia ma per il solo desiderio della Gloria di Dio e specialmente della devozione a Maria Santissima ov'è celebre e miracolosa la sua Santa Immagine.

Per quanto emerge dalle carte, il Pievano Fini, nato nel 1725 circa ,di famiglia fiorentina e che con orgoglio si definisce oriundo mugellano della Cavallina, appare tutt'altro che debole, anzi ricco d' iniziative e di franca e risoluta personalità.

Assegnato alla Pieve di Montefiesole, ci dice, in ventiquattro ore, contro suo genio e senza sapere né conoscere Montefiesole, la scopre, di sua natura povera nello stato più infelice che si potesse dare e d'orrido aspetto, già rifiutata da altri.
Per giunta, dopo il suo arrivo, un turbine novembrino di vento e neve scoperchia parte dell'edificio. Per fare economia, fa a meno del bestiame e dell'aiuto del "lavoratore della terra" come, con ispirata anticipazione, egli chiama il contadino.
Riesce però a far risanare la Chiesa e gli annessi: rinnova e rialza gli impiantiti, rimuove le sepolture comuni, crea un rosone sulla facciata anteriore, oggi scomparso. Intonaca, imbianca e all'avvicinarsi della gran festa venticinquennale della SS.Vergine, con maggiore avidità di suo proprio intraprese i risarcimenti della facciata della sua Chiesa piena di squarci, buche ed orrori.

A lui si deve l'impianto dei cipressi, per difesa de venti che fiancheggiano la Chiesa e la strada che vi conduce.
Per i lavori alla Cappella della Vergine in legno, stucchi, e marmorizzamenti, ci dice che tutto è stato opera del valente uomo Carlo Raffaello Paganelli.
Paganelli agrimensore, abilissimo disegnatore, cartografo e, come il padre, provveditore delle strade, è ancora oggi noto anche per le belle carte riprodotte in grande fac-simile dal Comune di Pontassieve nel 1987 (Mario Mantovani - Popoli e strade nella Comunità del Ponte a Sieve. "Dimostrazione di tutte le strade comunicative delle antiche Leghe di Monteloro e Diacceto componenti la comunità di Pontassieve").

Il Fini, rammenta anche che nel 1759 il Paganelli del Ponte, ha fatto delle formelle colorite, per una via crucis da porre nella Compagnia della Chiesa.
Se anche quest'opera, adesso perduta, è di Carlo Raffaello e non del padre, sarebbe stata realizzata all'età di circa 15 anni.

Certo è che la famiglia dei Paganelli era di casa a Montefiesole; nel manoscritto ricorrono a più riprese i nomi di Bernardo e Anton Maria Paganelli, fattori in Tassinaia, provveditori e festaioli in diverse solennità.
Quando Bernardo nel 1802 si trasferisce a Firenze sorge una curiosa disputa fra i fedeli, per stabilire a chi spetta il diritto di occuparne la panca in Chiesa.

La Pieve non è quindi priva di rapporti con personaggi di spessore. Dal manoscritto emergono contatti con il poliedrico erudito fiorentino Domenico Maria Manni (1690-1788) autore di trattati, appassionato di ricerche storiche, di botanica ed accademico della Crusca. A lui vengono affidate ricerche d'archivio e indagini sull'autore del quadro della Madonna del Parto.